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TERRITORIO

De Finibus Terrae

Fin dall’antichità la storia del Salento è indissolubilmente legata a quella dell’olio d’oliva e dell’ulivo, pianta sacra per tutte le civiltà mediterranea e simbolo di pace, vittoria, sapienza e rettitudine.

Callimaco narra che è stata la dea Atena a far nascere il primo albero d’ulivo, come segno di pace nella disputa che la vedeva contrapposta a Poseidone. Furono, quindi, i greci a portare gli ulivi nel Salento, terra baciata dal sole e bagnata da due mari che, con le loro brezze pomeridiane, donano ai frutti in maturazione un sapore unico e speciale.

virgolette

Il Salento non lo puoi spiegare.
Il Salento lo devi vivere, perché ti entra nell'anima,
ti avvolge e non ti lascia più.

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FABRIZIO CARAMAGNA

Dopo furono i Romani a continuare la coltivazione estensiva delle olive, organizzando dal Salento importanti sistemi di ammasso, trasporto e distribuzione dell’olio verso Roma.
Dopo secoli di abbandono in seguito alla caduta dell’Impero, furono i monaci Basiliani a ricostituire i grandi oliveti. Grazie alla loro sapienza, riuscirono con innesti particolari a sviluppare cultivar ancora oggi presenti: molti degli alberi secolari che si possono ammirare nelle terre salentine si devono all’opera di piantumazione dei Basiliani.
Nel settecento la coltura dell’olivo era la più diffusa: il commercio dell’olio era fiorente e Gallipoli ne risultava il centro economico e funzionale. Da qui, partivano le grandi navi di olio lampante che illuminavano le grandi città del Nord Europa: Parigi, Vienna, Londra.
Gallipoli in pochi anni divenne capitale mondiale dell’olio lampante e alla borsa di Londra il prezzo dell’olio veniva battuto sulla base delle quotazioni salentine. Fu un gallipolino, Giovanni Presta, a scrivere il più importante trattato al mondo sull’olio, il “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio”, ancora oggi attuale perché descrive con minuzia di particolari le tecniche migliori per innestare con successo gli ulivi e produrre olio di qualità. L’entroterra gallipolino era, quindi, votato esclusivamente alla produzione di olio. Tra le zone dell’antica Rodogallo (l’attuale Sannicola), Alezio, Tuglie e Parabita si spremevano incessantemente le olive da ottobre a marzo. La particolare conformazione carsica del territorio permetteva di scavare sotto terra i frantoi, detti ipogei e unici nel loro genere. I frantoi ipogei, essendo scavati nella roccia tufacea, mantenevano le olive fresche e ad una temperatura costante, evitando così che l’olio potesse diventare particolarmente acido.
Le grandi masserie, le tenute e i tanti villaggi spesso ruotavano intorno alla presenza di questi frantoi, centri nevralgici della socialità salentina. La cultura locale, i canti popolari, le tradizioni culinarie del Salento, infatti, sono pervase dalla presenza della coltivazione delle olive e della produzione di olio, considerato come il vero oro della terra. Il suo enorme valore è confermato anche da particolari usanze che avvenivano in frantoio, come la raccolta dell’”affiorato”. Durante le campagne di spremitura, il “nachiro”, il capo frantoio, era l’unico deputato a raccogliere l’olio che affiorava in superficie, considerato il migliore perché leggero, fruttato e particolarmente benefico. Attraverso il cosiddetto “mappu”, l’affiorato veniva raccolto in grandi anfore per essere consegnato ai grandi proprietari terrieri che erano i primi a “godere” di questo particolare privilegio. La produzione salentina, perciò, non si basava solo su quella di olio lampante ma anche, e soprattutto, su un olio extra vergine d’oliva di altissima qualità, riconosciuto come il principe della Dieta Mediterranea e oggi perfettamente rappresentato dall’Olio Extra Vergine di Oliva Papa Edoardo di Rodogallo.

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Agro di Sannicola
Contrada Rodogallo
73017 Lecce
Tel. 388 86 75 475
email: info@papaedoardodirodogallo.it
P. IVA 13020451004

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